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CIE centri di identificazione ed espulsione: Dove si trovano e periodo di permanenza

I CIE centri di identificazione ed espulsione, inizialmente chiamati centri di permanenza temporanea e assistenza (CPTA) sono stati istituiti nel 1998 con la legge Turco-Napolitano.

Vediamo insieme cosa sono queste strutture, dove si trovano e qual è il periodo di permanenza prima della procedura di rimpatrio.

CIE centri di identificazione ed espulsione:

Istituiti nel 1998 dalla legge sull’immigrazione Turco Napolitano (art. 12 della legge 40/1998), i Centri di Permanenza Temporanea, poi denominati CIE (Centri di identificazione ed espulsione) dalla legge Bossi Fini (L 189/2002), e infine rinominati C.P.R. (Centri di Permanenza per i Rimpatri) dalla legge Minniti-Orlando (L 46/2017), sono strutture detentive dove vengono reclusi i cittadini stranieri sprovvisti di regolare titolo di soggiorno.

I CIE sono gestiti da cooperative o associazioni appositamente fondate, come GEPSA e Confraternita delle Misericordie d’Italia.

Nel 2016, anno record per lo sbarco dei migranti, i CIE hanno effettuato 17.000 espulsioni

Durata di permanenza:

La durata di permanenza nei CIE centri di identificazione ed espulsione è stata modificata più volte nel corso di questi ultimi 20 anni.

All’inizio consentivano la detenzione amministrativa per un periodo massimo di 30 giorni di chi non aveva i documenti in regola. In seguito il periodo di detenzione è stato esteso a 18 mesi, quindi ridotto di nuovo a 90 giorni. Oggi è di 12 mesi.

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Dove si trovano i CIE centri di identificazione ed espulsione:

I CIE centri di identificazione ed espulsione attivi in Italia sono quattro, per una capienza totale di 359 posti: si trovano a Brindisi, Caltanissetta, Roma, Torino. Il CIE di Trapani, attivo fino al 31 dicembre 2015, dal 2016 è stato convertito in hotspot.

Originariamente i Cie centri di identificazione ed espulsione erano quindici, ma sono stati gradualmente dismessi a causa di problemi legali, umanitari e di ordine pubblico.

Paesi considerati sicuri e per cui non è concessa la protezione:

Molti immigrati irregolari, una volta arrivati sul suolo italiano, chiedono la cosiddetta protezione internazionale. La costituzione italiana riconosce il diritto di protezione e di asilo politico con l’articolo 10.

“Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”

Tuttavia, visto il gran numero di richiesto sono stati individuati con il decreto 4 ottobre 2019, i paesi considerati sicuri e per cui non è riconosciuta la protezione.

DECRETO 4 ottobre 2019:

Con il decreto 4 ottobre 2019 pubblicato in Gazzetta ufficiale  sono stati individuati i paesi considerati sicuri e per cui non è concessa la protezione internazionale.

Art. 1

Paesi di origine sicuri:

1. Ai sensi dell’art. 2-bis del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, sono considerati Paesi di origine sicuri: –

  • Albania;
  • Algeria;
  • Bosnia-Erzegovina;
  • Capo Verde;
  • Ghana;
  • Kosovo;
  • Macedonia del Nord;
  • Marocco;
  • Montenegro;
  • Senegal;
  • Serbia;
  • Tunisia;
  • Ucraina.
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2. Nell’ambito dell’esame delle domande di protezione internazionale, la situazione particolare del richiedente e’ valutata alla luce delle informazioni sul Paese di origine risultanti dall’istruttoria di cui in premessa.

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