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Decreti sicurezza: Il post-salvinismo del ministro Lamorgese

Decreti sicurezza – Parlando di decreti Sicurezza si sta attualizzando un conto dei rilievi formulati dalla Presidenza della Repubblica e molto presto si presenterà la proposta di un testo agli esponenti della maggioranza.

Visto che non possiamo entrare nel merito delle modifiche, che sono già  state sottoposte non solo a una valutazione tecnica ma anche a una verifica politica. In una lunga intervista a “Il Foglio”, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese dice di credere “molto nell’integrazione” e che abbandonare le persone; “senza offrire loro una prospettiva alimenta il rischio che vengano attratti dai circuiti criminali.

In casi i migranti si sentissero rifiutati dallo stato, d’altro canto, c’è il rischio che rispondano al richiamo della radicalizzazione”.

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Decreti sicurezza: Cosa bisogna fare integrare gli stranieri?

Inoltre, sottolinea la titolare del Viminale, – Per appoggiare un’efficace integrazione c’è bisogno “di adeguate risorse” e per questo motivo il Viminale. “Davanti a una grave situazione in cui i bandi di gara andavano sempre deserti a causa di tagli lineari, ha riconosciuto ai prefetti la possibilità di aumentare in modo flessibile, a seconda delle diverse esigenze territoriali, i fondi da destinare ai servizi per i migranti”.

In un secondo momento, la ministra Lamorgese, divulga il lungo elenco dei dati e dei risultati ottenuti in questi mesi. Anche per quanto riguarda  al lavoro dei ministri che l’hanno preceduta, e il risultato più significativo è stato “Il maggiore coinvolgimento dell’Europa nella gestione del fenomeno dell’immigrazione”.

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Inoltre “per raggiungere l’accordo di Malta del 23 settembre, i cui effetti sono stati visibili a partire dal mese di ottobre”.

Sul processo per la sua carica,  Lamorgese non intende rispondere in quanto: “Ogni ministro segue una sua linea a cui poi è chiamato a rispondere”.

Nemmeno dire come avrebbe votato in quanto: “Non sono né un deputato né un senatore” aggiunge limitandosi ad osservare che “la magistratura verificherà se il diritto internazionale è stato osservato o meno. Bisognerà stabilire se il ministro ha assunto un determinato comportamento per ragioni di sicurezza nazionale”.

Sul suo comportamento in materia di immigrazione la ministra dichiara invece che: “Questo governo non ha mai bloccato le navi in mare e non ha mai rifiutato l’assegnazione di un porto sicuro a chi lo ha richiesto secondo le convenzioni internazionali”.

Questo anche “grazie all’Europa, che con la Commissione si muove già prima dello sbarco, siamo stati in grado di gestire senza clamore mediatico tutte le fasi che precedono l’approdo delle navi nei porti”.

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Introducendo il secondo articolo: L’accordo di Malta

Con l’accordo di Malta, l’Europa ha il dovere di riconoscere il principio: ovvero quello di chi entra in Italia può entrare in Europa. Luciana Lamorgese ha spiegato i punti cardine della sua attività da ministro degli Interni.

Luciana Lamorgese, il ministro degli Interni, ha raccontato la “politica della sicurezza nell’era del post-salvinismo“, in un’intervista rilasciata aull’edizione cartacea de “Il Foglio”.

La Lamorgese ha introdotto diversi argomenti paragonabili all’attività del suo dicastero. Se dobbiamo intervenire spiegando il significato politico delle sue scelte in materia di sicurezza, lotta alla mafia e prevenzione del crimine, con un particolare sguardo al tema della violenza delle donne.

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Per quanto riguarda ottenere i migliori risultati nella politica dell’immigrazione di cui il ministro dell’Interno si dice orgogliosa, è il “maggiore coinvolgimento dell’Europa nella gestione del fenomeno” migratorio.

“E’ indispensabile l’azione dell’Europa per cercare di dare una efficace risposta al fenomeno migratorio che è strutturale.

Di conseguenza non potrà essere affrontato con delle misure emergenti, tanto meno di singoli paesi”, ha dichiarato la Lamorgese.

Particolarità sull’accordo di Malta:

“Mi sono impegnata molto per raggiungere l’accordo di Malta del 23 settembre – spiega il ministro – i cui effetti sono stati visibili a partire da ottobre”.

“Ho sostenuto questa vicenda in prima persona – ha aggiunto “perché la collaborazione europea è il cardine delle nostre politiche sull’immigrazione”.

Il ministro ha poi deciso di ricordare come alcuni mezzi stampa abbiano sottostimato i risultati raggiunti con l’accordo, ma ritiene che la situazione abbia visto dei miglioramenti dopo il protocollo siglato a La Valletta.

“Abbiamo riscontrato grande vicinanza da parte dei paesi europei. – ha osservato – Adesso è la Commissione, non più solo l’Italia. A richiedere la redistribuzione dei richiedenti asilo sbarcati in Italia e lo fa prima dell’arrivo della nave in porto”.

Prima dell’arrivo dei richiedenti asilo a terra, già è conosciuta la loro destinazione ultima e questo, secondo la titolare del Viminale, è una notevole differenza rispetto alla situazione pre-accordo.

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Riguardo i Decreti Sicurezza?

“E’ stato riconosciuto – ha puntualizzato – che entrare in Italia significa entrare in Europa. In questo modo il regolamento di Dublino è stato superato”.

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Il decreto sicurezza:

“Sui decreti Sicurezza stiamo lavorando tenendo conto dei rilievi formulati dalla Presidenza della Repubblica e molto presto presenterò la proposta di un testo agli esponenti della maggioranza.

Quindi non posso entrare nel merito delle modifiche che sono sottoposte non solo a una valutazione tecnica ma anche a una verifica politica”, ha specificato Luciana Lamorgese.

Per quanto riguarda la questione degli sbarchi, la titolare del Viminale ha notato che “questo governo non ha mai bloccato le navi in mare.

E non ha mai rifiutato l’assegnazione di un porto sicuro a chi lo ha richiesto secondo le convenzioni internazionali”.

L’integrazione contro il radicalismo:

“Credo molto nell’integrazione – spiega il ministro – Abbandonare queste persone senza offrire loro una prospettiva alimenta il rischio che vengano attratti dai circuiti criminali. Se i migranti si sentono rifiutati dallo stato, tra l’altro, si rischia che rispondano al richiamo della radicalizzazione”.

Per questa ragione hanno dato sistemazione alle singole prefetture “la possibilità di aumentare in modo flessibile, a seconda delle diverse esigenze territoriali, i fondi da destinare ai servizi per migranti”.

Il processo a Salvini:

Il ministro degli Interni non si esprime e sottolinea inoltre di: “Non avere intenzione di entrare su questo tema, perché ministro segue una sua linea a cui poi è chiamato a rispondere” né dire come avrebbe votato in quanto “non sono né un deputato né un senatore”.

“La magistratura – aggiunge – verificherà se il diritto internazionale è stato osservato o meno. Bisognerà stabilire se il ministro ha assunto un determinato comportamento per ragioni di sicurezza nazionale”.

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